Fidejussore e Schema ABI: da “parte terza” a protagonista. Il diritto a ricevere un Compenso per la prestazione di garanzia

Anche il Tribunale di Verona, con l’Ordinanza del 06/10/2020, ha stabilito che la fidejussione non è un contratto bancario, pertanto non è soggetta alle norme regolatrici del Testo Unico Bancario (DLgs. n. 385/1993) e nemmeno sono ad essa applicabili le norme per la tutela della concorrenza e del mercato (L. 287/1990 – c.d. “Legislazione Antitrust”), ammettendo quindi il Codice Civile – oltre, nei casi previsti, il Codice del Consumo (Dlgs. n. 206/2005) – quale unica fonte regolatrice della fattispecie.

L’Ordinanza del Tribunale di Verona mette in risalto la posizione di “terzietà” del fidejussore rispetto al rapporto principale tra creditore e debitore, nonché la totale assenza di un rapporto di prestazione e controprestazione (c.d. “sinallagma”) all’interno del contratto di garanzia, facendo emergere che l’unico soggetto che ha obblighi è il fidejussore (Cass. Sez. III, sentenza n. 5833 del 28/02/2019; Cass. Sez. I, sentenza n. 22559 del 10/09/2019; Circolare Ministero della Finanze del 24/06/1998 n. 165).

La presenza di obbligazioni unicamente a carico del fidejussore porta a confermare:

  • la posizione del fidejussore quale “parte terza” (espressione dell’accessorietà della garanzia) rispetto al rapporto principale tra creditore e debitore
  • che la fidejussione è un contratto unilaterale (Cass. Sez. VI, sentenza n. 742 del 16/01/2020) e il fidejussore riveste il ruolo di soggetto proponente del contratto, ai sensi dell’art. 1333 c.c..

Questo nuovo orientamento evidenzia come si stiano sempre più sedimentando pronunce in favore della validità della fidejussione Schema ABI, qualificandola come contratto unilaterale. Qualifica che è assegnata dal tenore stesso dei suoi contenuti, i quali, prima facie, identificano nel fidejussore il soggetto proponente del contratto, ai sensi dell’art. 1333 c.c.. Nella quasi totalità delle casistiche osservate nel mercato delle garanzie, infatti, il contratto di fidejussione vede il creditore quale destinatario e il fidejussore come “mittente”.

La conclusione del contratto (art. 1326 c.c.) avente obbligazioni a carico del solo proponente (art. 1333 c.c.) come nel caso della fidejussione, si ha anche per presunzione di conoscenza da parte del destinatario (Creditore-Banca), ai sensi dell’art. 1335 c.c.. Lo stesso art. 1350 c.c. (forma ad substantiam) non disciplina la fidejussione tra gli atti che necessitano della forma scritta.

Difatti, il fidejussore-proponente ha sempre a disposizione gli strumenti necessari per verificare se il soggetto destinatario del contratto (di fidejussione) l’abbia reso efficace, essendone venuto a conoscenza, pur nel silenzio-assenso. Tra questi strumenti i più comuni sono la Centrale Rischi Banca d’Italia e gli altri Sistemi di Informazione Creditizia minori (SIC).

Il fidejussore può richiedere in qualsiasi momento al Debitore Principale di essere remunerato attraverso un Compenso per aver rilasciato la garanzia, come previsto dall’art. 44, comma 1, lettera d, del TUIR (D.P.R. 22/12/1986, n. 917) e nel caso in cui ne abbia diritto beneficerà di importanti vantaggi di carattere fiscale e contributivo.

Inoltre, il fidejussore che riceve un Compenso per la prestazione di fidejussione non operando in regime d’impresa, può far valere il proprio status di Consumatore.

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